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lunedì 8 novembre 2010

19.
Don Camillo monsignore... ma non troppo
E' il quarto episodio della saga di Don Camillo e Peppone, diretto da Carmine Gallone, con Fernandel e Gino Cervi. Tratto dai racconti di Giovanni Guareschi. Molti degli ambienti e dei soggetti presenti nel film esistono realmente nel paese di Brescello.
Paese: Italia

Video: Bianco /Nero

Durata: 117 minuti

Genere: Commedia


Tratto dal film:

Tra moglie e marito non mettere il partito. (Don Camillo)

Trama

La storia narra delle continue dispute fra Don Camillo (monsignore) e Peppone (senatore) che coinvolgono il piccolo paese di Brescello. I due già in passato avevano avuto alcune diatribe, mai superate. Il loro incontro avviene dopo 3 anni nel vagone letto di un treno. Appena tornati al paese avranno nuovi problemi da affrontare come la costruzione di una Casa popolare a discapito di una piccola cappella votiva posta su terreno della curia, che il sindaco (il Brusco) e Peppone volevano abbattere e poi strumentalizzare politicamente il fatto che presumibilmente la chiesa avrebbe rifiutato il terreno,cosa che non si verifica, a patto che gli alloggi vengano distribuiti equamente tra famiglie proposte dalla chiesa e famiglie proposte dal comune. La cappella resisterà a tutti i tentativi di abbatterla e farà parte dell'edificio; il matrimonio del figlio di Peppone che questi voleva far celebrare nella sola forma civile, mentre la moglie voleva per il figlio un matrimonio come quello che ha fatto lei con Peppone,cioè in chiesa. Peppone, per aver l'assenso del padre della futura nuora, uomo "della banda del prete" alla forma civile,invalido, gli offre un posto di usciere in comune. Don Camillo, per contrastare invece promette che gli farà avere la concessione di una pompa di benzina. Alla fine ci sarà il solito compromesso, dovuto anche al fatto che Peppone vince al totocalcio (come poi vedremo) e non sa come ritirare il premio senza essere scoperto: Don Camillo lo aiuterà nell'intento strappando la promessa di un matrimonio anche in forma religiosa,che sarà riservatissima in una chiesina di campagna (con Peppone che,ricattato tramite vecchie foto giovanili che lo ritraevano mentre faceva la comunione,a dispetto della sua sbandierata fama di ateo mangiapreti dalla nascita, sarà costretto a far anche da chierichetto) mentre la cerimonia civile sarà in pompa magna in municipio. Questo episodio ricorda lo sposalizio dell'Avvocato Maralli, socialista e ateo, con Virginia, di famiglia borghese e cattolica, de "Il giornalino di Gianburrasca". Dovrà poi cercare di riconciliare due coniugi, lui meridionale e conservatore, lei del posto e comunista militante, (che tra l'altro una volta aveva rubato i vestiti al prete mentre faceva il bagno nel Po durante un afoso pomeriggio estivo per tenerlo bloccato affinché non potesse darsi da fare per far avere al futuro consuocero di Peppone la promessa pompa di benzina) e che per la politica trascurava la famiglia. Per riuscirci dovrà ricorrere ad un modo piuttosto brutale e sleale: con l'aiuto del marito metterà un sacco in testa alla donna, la legherà, le toglierà le mutande e le dipingerà le terga di rosso col minio lasciandola poi in un bosco: la popolazione (tranne, ovviamente i compagni di partito) più che inorridire per il gesto, ci troverà del comico e la poveretta non avrà più il coraggio di uscire di casa per non essere presa in giro. Poi avrà a che fare con la clamorosa vincita di Peppone al totocalcio: egli, per paura di essere scoperto e dover poi dare in gran parte il denaro al partito deve fare in modo che ciò non accada. Ma Don Camillo riesce a scoprirlo lo stesso, notando che il nome scritto sulla schedina vincente e riferito dai giornali, "Pepito Sbazzeguti", altro non è che l'anagramma di Giuseppe Bottazzi, il suo vero nome. Don Camillo si offre però di aiutarlo: andrà lui a ritirare il premio, e tornando al paese in tarda sera e promettendo di consegnare la vincita l'indomani.Ma durante la notte, Peppone non resiste dalla voglia di vedere la vincita e va a trovare il parroco,poi ci porta sua moglie,poi questa gli mette in testa l'idea che se durante la notte Don Camillo dovesse avere un "colpo" egli non potrebbe dimostrare che i soldi in possesso del prete in realtà sarebbero i suoi, e torna disturbare in canonica per la terza volta ritirando finalmente il denaro. Il film si conclude con il ritorno dei due protagonisti nella capitale, richiamati a forza dai loro superiori di chiesa e di partito.

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