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venerdì 13 agosto 2010






Cabiria fu il primo film proiettato in Italia nel 1914.

Per questo voglio dedicare questo spazio hai film che mi accompagnano nella vita. Noi italiani siamo dei buoni produttori di cinema, come in America... ci facciamo valere!





Cabiria, sottotitolato Visione storica del terzo secolo a.C., è un film muto del 1914 diretto da Giovanni Pastrone. Fu il secondo kolossal della storia, dopo Quo vadis?.

Girato a Torino negli stabilimenti sulla Dora Riparia e nelle Valli di Lanzo, fu il più lungo film italiano prodotto dei suoi tempi (3.500 metri di lunghezza circa per tre ore e dieci minuti di spettacolo) e anche, di gran lunga, il più costoso: un milione di lire-oro, a fronte del finanziamento medio per un film dell'epoca di cinquantamila lire. Venne girato in Tunisia, in Sicilia e sulle Alpi, nelle Valli di Lanzo dove si diceva che fosse passato Annibale. La versione originale era virata a colori in dodici tonalità diverse, alcune inedite.
Pastrone ebbe la lungimiranza, per il successo commerciale del film, di creare un prodotto che riunisse le esigenze di uno spettacolo popolare a quelle della cultura borghese. Partendo da un suo soggetto che narrava le vicende di una fanciulla durante la seconda guerra punica, egli ricavò delle "scene" intervallate da didascalie "letterarie" per le quali volle al suo fianco come
sceneggiatore Gabriele D'Annunzio, che accettò l'incarico per ripianare parte dei propri debiti, e che conferì alla storia una nobiltà altrimenti assente.
Fu proprio D'Annunzio a ideare il nome "Cabiria", "nata dal fuoco", e a volerlo come titolo della pellicola, in quanto nome della protagonista che il dio
Moloch vuole sacrificare. Sebbene però l'intera sceneggiatura sia stata attribuita a D'Annunzio, in realtà il poeta si limitò ad inventare i nomi dei personaggi ed a comporre le auliche didascalie. Probabilmente invece i soggetti utilizzati per la scrittura del film furono i testi Cartagine in fiamme di Emilio Salgari e Salammbô di Gustave Flaubert. Le didascalie di D'Annunzio, se danno un'atmosfera decadente tipica della sua epoca, oggi appaiono piuttosto enfatiche e accademiche "le più spaventosamente letterarie e mistificanti della storia del cinema".

Per la musica Pastrone chiese la collaborazione del maestro Ildebrando Pizzetti, che però non riuscì a completare tutto il commento sonoro a causa della sua lenta meticolosità, che gli permise solo di ultimare la breve ma intensa Sinfonia del fuoco, usata nelle scene di sacrificio. Il resto delle musiche venne composto dall'allora molto noto maestro Manlio Mazza.
Buona parte del successo di "Cabiria" si deve allo spagnolo
Segundo de Chomón, uno dei migliori operatori sulla scena europea, a cui Pastrone affidò la fotografia del film e che impiegò una vasta serie di effetti cinematografici: fu lui a utilizzare le lampade elettriche per ottenere effetti di chiaroscuro (per esempio nella scena del sacrificio) e ad architettare la sequenza dell'eruzione dell'Etna, di notevole realismo.
Da un lato c'era un soggetto altamente popolare che alternava avventura e passione, storia e leggenda, coraggio e viltà, dall'altro una grande e spettacolare realizzazione cinematografica che faceva uso di tutti i mezzi tecnici disponibili all'epoca, compreso il sonoro del quale Pastrone intuì l'importanza. Se a tutto questo si univa un grande "nome", di sicuro prestigio
internazionale, l'operazione commerciale di "Cabiria" non poteva non riuscire per realizzare uno dei più grandi successi cinematografici del cinema muto.
La prima ebbe luogo il
18 aprile 1914 al Teatro Vittorio Emanuele II di Torino, in contemporanea col Teatro Lirico di Milano. Il film ebbe un grande successo di critica e di pubblico, sia in Italia che all'estero: restò in cartellone per sei mesi a Parigi e per quasi un anno a New York.
Il film fu una sorta di celebrazione della romanità, poco dopo la
guerra di Libia del 1911.

Curiosità

Cabiria fu un film molto ambizioso, uno dei primissimi kolossal, che intendeva collegare la tradizione teatrale, la pittura, la musica, la letteratura. Queste caratteristiche furono alla base dell'approccio del migliore cinema italiano, in contrasto con la narrazione veloce e lineare imposta di lì a poco dall'americano Griffith.
La trama del film è molto tradizionale, con varie vicende che portano a un lieto fine, secondo i canoni del romanzo storico dell'Ottocento. In realtà essa sembra essere un semplice pretesto per mettere in scena un grandioso spettacolo visionario, come suggerisce anche il sottotitolo, che parla di "Visione" del III secolo a.C., non di racconto: in questo senso Cabiria rientra ancora nei film dei primi anni del cinema, dove la componente visiva era ancora prevalente rispetto alla struttura narrativa, il cosiddetto
cinema delle attrazioni. Lo stile però è profondamente diverso dagli esempi tipici del periodo delle attrazioni, e in questo Cabiria fu una pietra miliare del nascente linguaggio cinematografico.
In quell'epoca infatti i film di argomento storico in Italia dettarono un allungamento progressivo della durata delle pellicole (ripreso quindi da
David W. Griffith, che canonizzò le circa due ore di proiezione) e con le loro magnifiche scenografie, ispirate ai grandiosi allestimenti del teatro d'opera, seppero creare visioni mai viste, evidenziate anche dal viraggio che colorava le scene.
Ma Pastrone si spinse ancora oltre, abbattendo la fissità dei "quadri animati" che avevano caratterizzato il cinema fino ad allora: invece di raccontare con le consuete inquadrature lunghe e fisse, che si ispiravano alla visione di un palcoscenico teatrale ("autarchiche, cioè dove l'azione aveva inizio e si concludeva), iniziò a frammentare le scene in più inquadrature da diversi punti di vista, sviluppando quindi il
montaggio.
Inoltre fu l'inventore del
carrello, brevettato due anni prima, che gli permetteva di muovere la cinepresa sulla scena, creando dei movimenti della macchina da presa che vanno oltre la semplice "riquadratura", usata per esempio nel L'inferno del 1911: Pastrone infatti faceva muovere la macchina non solo a destra e a sinistra, in panoramiche, ma anche avanti e indietro, obliquamente, in profondità, creando l'effetto dinamico allora mai visto della visione che "entrava" nella scena, coinvolgendo molto più emotivamente lo spettatore. Inoltre i piani usati per le inquadrature seguono una scala molto ricca, dall'ampia panoramica con profondità di campo (come nell'assedio di Cirta) al dettaglio in primissimo piano (come la mano del sacerdote durante il sacrificio). Per i personaggi Pastrone non usa ancora i primi piani per presentarli al pubblico, ma ci va vicino: ormai la scelta delle inquadrature presenta un carattere narrativo, sganciandosi dal mero valore di attrazioni cinematografiche fini a sé stesse.
Altra conquista, ampiamente sviluppata dal cinema successivo, fu l'intreccio in parallelo di più storie (in particolare tra gli eventi legati a Cabiria e la storia della guerra vera e propria).
Il film inoltre si distingue per la straordinaria varietà delle riprese, sia in scenografie ricostruite (di
cartapesta), che in esterni, come le Alpi e il deserto africano. Le invenzioni visive sono continue e ricchissime, dall'eruzione dell'Etna al drammatico sacrificio, dal sogno di Sofonisba all'incendio delle navi romane.
Alcuni critici vedono in Cabiria il primo esempio di compiuto linguaggio cinematografico
. Tuttavia parlare di cinema narrativo per Cabiria sarebbe ancora prematuro: la componente visionaria è ancora troppo forte e va quindi collocato in una fase di transizione. Le allucinazioni di Pastrone verranno poi riprese dal cinema muto d'avanguardia, con una citazione per esempio in Metropolis di Fritz Lang (1927).

In Cabiria comparve per la prima volta il personaggio di Maciste, l'imbattibile gigante buono coi deboli e spietato coi cattivi, interpretato dallo scaricatore del porto di Genova Bartolomeo Pagano. La sua prestanza fisica crea un personaggio che si difende bene anche col trascorrere degli anni, capace ancora oggi di appassionare. In Cabiria la sua stella nascente eclissò anche una diva come Italia Almirante Manzini, imponendo il proprio personaggio che in seguito divenne l'eroe di innumerevoli serie.

(informazioni tratte da Wikipedia)

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