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sabato 20 novembre 2010

21.
La tigre e il dragone

E' un wuxiapian del 2000 diretto da Ang Lee.
La pellicola è stata girata nel villaggio di Hongcun, un sito Patrimonio dell'umanità dell'UNESCO.

Con Chow Yun-Fat, Michelle Yeoh.
Durata: 120 minuti
Paese: Taiwan/Hong Kong/Cina/Stati Uniti d'America
Video: Colore
Titolo originale: Wo hu cang long

Frasi tratte dal film:

Come vedi nessuno è mai libero anche se l'amore non consumato brucia l'anima.

Maestro Li Mu Ba
Come la verità è nel silenzio, la forza è nella quiete: non c'é lotta senza pace interiore.

Il maestro Li Mu Ba (Chow Yun-Fat)
Preferirei essere un fantasma che ti vola accanto come un'anima dannata, piuttosto che volare in cielo senza di te; grazie al tuo cuore, il mio spirito shu lien, non sarà mai solo.

Trama
Diciannovesimo Secolo, Li Mu Bai, grande guerriero e maestro wudang, torna a Pechino dopo alcune settimane di meditazione per informare Shu Lien (un'amica, anche lei maestra di arti marziali) di voler smettere di combattere e di voler regalare la sua spada, la leggendaria e micidiale "Destino Verde" forgiata quattrocento anni prima con un metallo praticamente indistruttibile, al signor Tie, un ricco abitante di Pechino, conoscente del governatore Yu. Shu Lien è dapprima sconcertata dalla decisione di Mu Bai sapendo che egli non ha ancora vendicato il suo vecchio maestro di arti marziali "Gru del Sud", ucciso anni prima da una famigerata assassina, "Volpe di Giada", ma Mu Bai le risponde che ha già trovato pace, perciò non vuole più combattere.
Arrivata alla casa del signor Tie con la preziosa spada, Shu Lien conosce anche Jen (la figlia del governatore Yu) una ragazza vivace ma infelice, ella infatti rivela a Shu Lien di essere in procinto di sposarsi con il rampollo dell'importantissima e ricchissima casata dei Go, ma di non ricambiare la decisione della propria famiglia. Ella è anche abile nell'uso delle arti marziali ed è stata addestrata segretamente da "Volpe di Giada", infatti la notte dopo, mascherata da ladra, entra nella casa del signor Tie e ruba il "Destino Verde". Il primo a dare l'allarme è il maestro Bo, amico di Mu Bai e Shu Lien, quest'ultima ingaggia una lotta contro Jen che però la sconfigge e fugge. Il giorno seguente il maestro Bo contatta un ispettore di polizia chiamato Tsai e la figlia di quest'ultimo, entrambi esperti di arti marziali, per rivelargli di sapere chi ha orchestrato il furto del "Destino Verde", ovvero "Volpe di Giada", e che anni prima gli uccise la moglie; nello stesso momento una piuma appuntita entra dalla finestra della casa di Tsai e vi viene trovato allegato un messaggio dove "Volpe di Giada" dice di volersi incontrare con Tsai, la figlia e il maestro Bo in un luogo chiamato la "Collina Gialla". Arrivati lì, nel combattimento subentrano anche Jen e Mu Bai, che si scontrano, poco dopo "Volpe di Giada" uccide Tsai e poi lei e Jen fuggono.
La sera dopo Jen torna alla casa del signor Tie e rimette il "Destino Verde" al suo posto, però viene sorpresa da Mu Bai, che non la ferma, ma le dice solo che oltre a trovare la pace non combattendo più, vuole anche trovare un degno allievo a cui insegnare l'arte dei maestri wudang e dice a Jen che è lei l'allievo che sta cercando, ma lei rifiuta e torna da "Volpe di Giada".
In quella stessa sera si scopre che l'allieva Jen è di molto superiore a "Volpe di Giada", in quanto non sapendo leggere, non è riuscita a scoprire i segreti dell'arte di Wudan, e cosi comincia la vita da guerriero errante per la giovane spadaccina, da Shu Lien e dal mestro Li, che ripone in Jen la speranza di avere l'allievo che ha sempre desiderato. Purtroppo per Li Mu Bai il desiderio di vendetta per il proprio maestro approda a un tragico epilogo, perché nonostante Li Mu Bai riesca nel suo intento di uccidere "Volpe di Giada", viene colpito da uno dei dardi avvelenati dell'assassina, che ha tentato di disfarsi della giovane allieva considerata sua traditrice.
Neanche la disperata corsa per l'antidoto riesce a salvare il Grande maestro, che muore tra le braccia dell'amata Shu Lien.

lunedì 8 novembre 2010

20.
Il compagno don Camillo
E' l'ultimo episodio della serie di film i cui protagonisti sono don Camillo e Peppone, tratto dai racconti di Giovanni Guareschi, e diretto da Luigi Comencini. Del 1965 con Fernandel e Gino Cervi.
Paese: Italia
Video: Bianco/Nero
Durata: 95 minuti
Genere: Commedia

Tratto dal film
Signor Sindaco, questo gemellaggio può solo proporlo con un particolare referendum democratico perché la cittadinanza possa dire se vuole essere gemellata con un nido infetto di vipere rosse! (Don Camillo) [Rivolto a Peppone durante la convocazione del popolo al municipio]

Trama
Il paese del sindaco Peppone e di don Camillo è gemellato fra mille polemiche con una cittadina russa. Quando Peppone e i compagni decidono di viaggiare oltrecortina per le celebrazioni, don Camillo tenta di partire con loro. Riesce a raggiungere lo scopo solo minacciando di rendere pubblica una scappatella sentimentale del sindaco. Don Camillo si procura documenti falsi: sarà il Compagno Tarocci. Solo Peppone e gli altri sanno chi sia in realtà, il giornalista al seguito della comitiva, infatti, è all'oscuro della reale identità del "Mangiapreti" Tarocci. In Russia ad attenderli ci sono attività di interscambio culturale: Balletto, Opera, gara di pesca allo storione, feste.
Appena la comitiva italiana arriva in Russia, Nikita Khruščёv viene deposto a favore di Aleksej Kosygin e loro vengono bloccati in albergo, senza spiegazioni: commentando gli eventi si preoccupano di come il cambio al vertice politico sovietico potrebbe avere ripercussioni su di loro: "D'altronde capo, se ha liquidato Crusciov, questo si butta subito coi Cinesi" - "Bene, cala la Cortina di Ferro, come ai bei tempi!" - "Sì, solo che adesso ci siamo dentro noi!". Decidono così la fuga, dopo essersi divisi lambrusco e parmigiano, i doni che avevano portato in Russia. Fortunatamente, si risolve per il meglio e i "Compagni Italiani" continuano ad essere trattati bene.
Il Brusco ha un fratello disperso in guerra del quale si vergogna, in quanto questi era camicia nera, mentre il Brusco è di accesa fede comunista. Il Brusco ha promesso all'anziana madre di accendere un cero sulla tomba del fratello caduto: sarà Don Camillo ad aiutarlo a raggiungere il posto esatto.
Il prete del paese vive in semiclandestinità, poiché teme il sindaco del paesino russo, comunista di ferro: la chiesa è stata trasformata in granaio. Sarà don Camillo ad obbligarlo a confessare la madre del sindaco e a battezzarne i numerosi figli. Un intensivo allenamento di pugilato, impartitogli dallo stesso don Camillo, gli permetterà di fronteggiare ad armi pari il manesco sindaco.
Il giornalista al seguito imbastisce una relazione sentimentale con Nadia, bella traduttrice russa: l'ultima sera di permanenza, l'intervento di Don Camillo impedisce al giornalista di "concludere" carnalmente la relazione. Sarà proprio questa mancanza di conclusione che convincerà il giornalista a scendere all'ultimo momento dall'aereo che li avrebbe riportati in Italia per stare con la ragazza, che poi sposerà e porterà in Italia. Emblematica la frase di commiato che il giornalista, scendendo dall'aereo, rivolge a don Camillo: "Si, ma tanto a te ti ritrovo! Me l'ha fatta rispettare... e la prima che rispetti, ti incastra!".
Per impedire al sindaco russo di rientrare a casa dopo l'Opera (e sorprendere don Camillo ed il prete in attività religiose), Peppone lo sfida alla "gara della vodka": Peppone vince, ma ha bevuto così tanto che si sente male e deve essere chiamato il medico russo il quale gli dà pillole e gli fa firmare una richiesta di ricovero. Peppone è colto da "sbornia triste": piange perché non vuole essere "lasciato solo a morire come un cane, lontano da casa mia, in questa terra straniera": ingurgita perciò tutto il boccettino di pillole. Il giorno dopo si parte per tornare in Italia ma Peppone viene fermato dal medico: è arrivata l'ambulanza per il ricovero. "Partito non vuole responsabilità" - "Ma io ora sto bene" - "qui dice che no (indicando il foglio firmato da Peppone), compagno Buottazzi, da questa parte prego!" E così Peppone, di malavoglia, viene ricoverato.
Mentre l'ambulanza si allontana, Don Camillo sbeffeggia il burocrate russo, pensando che questi non capisca l'italiano, dicendo: "Sì... E quando capisce, questo?!"; ma il burocrate risponde in un perfetto italiano: "Sempre, reverendo! Ho sempre capito tutto quello che dicevi. Nostro servizio informazioni migliore di tutto il mondo: sapevamo chi eri da prima che tu partissi. Ma non abbiamo segreti, per nessuno. Dillo al Papa. Digli che da noi non si sta così male. Digli che venga a farci visita! Buon viaggio!". Don Camillo, stupito e spaventato, scappa di corsa sull'aereo. Il gruppo, menomato di Peppone e del giornalista, rientra così in Italia.
Passano le settimane, e dalla Russia arrivano cartoline di Peppone: lavaggio del rene e protesi dentaria sono due delle cure che riceve. Poi anche le cartoline si interrompono, di Peppone nessuna traccia. Alla fine del film, il vescovo sceglie Don Camillo per guidare una comitiva di religiosi negli Stati Uniti: del gruppo fa parte anche Peppone, vestito da monsignore, coi baffi tagliati e documenti falsi. Don Camillo gli chiede come pensa di convincerlo di farsi portare in USA dato che lui, non può essere sottoposto a ricatti matrimoniali, in quanto celibe. Peppone risponde con una foto, scattata in Russia, dove Don Camillo, impugnando una spilla rappresentante falce e martello, è baciato sulla bocca da una avvenente ragazza russa. "cosa ne direbbe il vescovo di questa foto? potete stracciarla se volete, ne ho altre 5 in tasca... e trentamila sono al paese, pronte per un lancio pubblicitario dall'aereo". Don Camillo cede e porta Peppone con sé, facendo notare al Cristo come Peppone senza baffi avesse proprio una "faccia da prete".
Il film si conclude con Don Camillo e Peppone (vestiti da prete) che entrano in aeroporto... proprio mentre il giornalista e Nadia, freschi sposi, rientrano dalla Russia. Il loro shock, vedendo i due vestiti da prete, che si dirigono all'aereo ridacchiando, è totale.
19.
Don Camillo monsignore... ma non troppo
E' il quarto episodio della saga di Don Camillo e Peppone, diretto da Carmine Gallone, con Fernandel e Gino Cervi. Tratto dai racconti di Giovanni Guareschi. Molti degli ambienti e dei soggetti presenti nel film esistono realmente nel paese di Brescello.
Paese: Italia

Video: Bianco /Nero

Durata: 117 minuti

Genere: Commedia


Tratto dal film:

Tra moglie e marito non mettere il partito. (Don Camillo)

Trama

La storia narra delle continue dispute fra Don Camillo (monsignore) e Peppone (senatore) che coinvolgono il piccolo paese di Brescello. I due già in passato avevano avuto alcune diatribe, mai superate. Il loro incontro avviene dopo 3 anni nel vagone letto di un treno. Appena tornati al paese avranno nuovi problemi da affrontare come la costruzione di una Casa popolare a discapito di una piccola cappella votiva posta su terreno della curia, che il sindaco (il Brusco) e Peppone volevano abbattere e poi strumentalizzare politicamente il fatto che presumibilmente la chiesa avrebbe rifiutato il terreno,cosa che non si verifica, a patto che gli alloggi vengano distribuiti equamente tra famiglie proposte dalla chiesa e famiglie proposte dal comune. La cappella resisterà a tutti i tentativi di abbatterla e farà parte dell'edificio; il matrimonio del figlio di Peppone che questi voleva far celebrare nella sola forma civile, mentre la moglie voleva per il figlio un matrimonio come quello che ha fatto lei con Peppone,cioè in chiesa. Peppone, per aver l'assenso del padre della futura nuora, uomo "della banda del prete" alla forma civile,invalido, gli offre un posto di usciere in comune. Don Camillo, per contrastare invece promette che gli farà avere la concessione di una pompa di benzina. Alla fine ci sarà il solito compromesso, dovuto anche al fatto che Peppone vince al totocalcio (come poi vedremo) e non sa come ritirare il premio senza essere scoperto: Don Camillo lo aiuterà nell'intento strappando la promessa di un matrimonio anche in forma religiosa,che sarà riservatissima in una chiesina di campagna (con Peppone che,ricattato tramite vecchie foto giovanili che lo ritraevano mentre faceva la comunione,a dispetto della sua sbandierata fama di ateo mangiapreti dalla nascita, sarà costretto a far anche da chierichetto) mentre la cerimonia civile sarà in pompa magna in municipio. Questo episodio ricorda lo sposalizio dell'Avvocato Maralli, socialista e ateo, con Virginia, di famiglia borghese e cattolica, de "Il giornalino di Gianburrasca". Dovrà poi cercare di riconciliare due coniugi, lui meridionale e conservatore, lei del posto e comunista militante, (che tra l'altro una volta aveva rubato i vestiti al prete mentre faceva il bagno nel Po durante un afoso pomeriggio estivo per tenerlo bloccato affinché non potesse darsi da fare per far avere al futuro consuocero di Peppone la promessa pompa di benzina) e che per la politica trascurava la famiglia. Per riuscirci dovrà ricorrere ad un modo piuttosto brutale e sleale: con l'aiuto del marito metterà un sacco in testa alla donna, la legherà, le toglierà le mutande e le dipingerà le terga di rosso col minio lasciandola poi in un bosco: la popolazione (tranne, ovviamente i compagni di partito) più che inorridire per il gesto, ci troverà del comico e la poveretta non avrà più il coraggio di uscire di casa per non essere presa in giro. Poi avrà a che fare con la clamorosa vincita di Peppone al totocalcio: egli, per paura di essere scoperto e dover poi dare in gran parte il denaro al partito deve fare in modo che ciò non accada. Ma Don Camillo riesce a scoprirlo lo stesso, notando che il nome scritto sulla schedina vincente e riferito dai giornali, "Pepito Sbazzeguti", altro non è che l'anagramma di Giuseppe Bottazzi, il suo vero nome. Don Camillo si offre però di aiutarlo: andrà lui a ritirare il premio, e tornando al paese in tarda sera e promettendo di consegnare la vincita l'indomani.Ma durante la notte, Peppone non resiste dalla voglia di vedere la vincita e va a trovare il parroco,poi ci porta sua moglie,poi questa gli mette in testa l'idea che se durante la notte Don Camillo dovesse avere un "colpo" egli non potrebbe dimostrare che i soldi in possesso del prete in realtà sarebbero i suoi, e torna disturbare in canonica per la terza volta ritirando finalmente il denaro. Il film si conclude con il ritorno dei due protagonisti nella capitale, richiamati a forza dai loro superiori di chiesa e di partito.
18.
Don Camillo e l'onorevole Peppone
Don Camillo e l'onorevole Peppone è un film del 1955. Si tratta del terzo episodio della celebre saga di che vide protagonisti Fernandel e Gino Cervi, il primo diretto da Carmine Gallone (che dirigerà anche il quarto), mentre i due precedenti erano stati diretti da Julien Duvivier. Il film conobbe un buon successo di pubblico ed è ancora frequentemente trasmesso in televisione.
Paese: Italia
Durata: 97 minuti
Video: Bianco/Nero
Genere: Commedia

Tratto dal film:
Ricordate, nel segreto della cabina elettorale Dio vi vede... (Radiofonista) e Stalin no! (Don Camillo)

Trama
In una Brescello infiammata dalla politica per le elezioni, don Camillo e Peppone continuano a farsi i soliti dispetti. Peppone, inoltre, si candida come deputato, cosa che fa uscire dai gangheri don Camillo, che si ritrova sempre più spesso davanti all'altar maggiore per protestare con il Cristo. Tanti episodi divertenti, come il ritrovamento del carro armato, l'esame di quinta elementare di Peppone, necessario per la candidatura a deputato, il furto dei polli di don Camillo, la storia d'amore tra Peppone e la segretaria della Federazione e uno stravagante comizio tenuto da Peppone. Nella sequenza finale è racchiusa, nel discorso conclusivo detto dal narratore, l'essenza del complesso rapporto tra Don Camillo e Peppone: "Eccoli... ricomincia l'eterna gara nella quale ognuno dei due vuole disperatamente arrivare primo. Però, se uno dei due s'attarda, l'altro lo aspetta, per continuare assieme il lungo viaggio fino al traguardo della vita."
17.
Il ritorno di don Camillo
Il ritorno di don Camillo è un film del 1953, diretto dal regista Julien Duvivier, con Fernandel e Gino Cervi.
Paese: Italia/Francia
Video: Bianco/Nero
Durata: 115 minuti
Genere: Commedia

Tratto dal film:
Sono come una corazzata chiusa in una stagno, appena mi muovo c'è la rivoluzione dei ranocchi. (Don Camillo)

Trama
La storia continua con le avventure di don Camillo, sollevato dall'incarico di parroco di Brescello per punizione, cui si aggiunge il viaggio forzato nella remota parrocchia di Montenara, sperduta tra i monti. Qui, in un ambiente freddo, svolge il suo ministero nel luogo frequentato dalla sola Perpetua.
Nel frattempo nella città di Brescello l'avversario di sempre di don Camillo, Peppone, si ritrova ad affrontare molti problemi e non ha neanche l'aiuto del nuovo parroco. Solo il ritorno di don Camillo porrà fine alle dispute che coinvolgono anche un proprietario terriero (Cagnola), che non voleva cedere parte delle sue terre per costruire un argine sul Po, per prevenire alluvioni, e che, in un alterco, ferisce il compagno "Nero" credendo di averlo addirittura ucciso e viene ferito a sua volta da Peppone, che anch'esso teme di averlo ammazzato. Entrambi per avere un alibi si rivolgono a Don Camillo nel suo esilio a Montenara. Don Camillo riesce a calmare la situazione, strappando la promessa a Cagnola che egli avrebbe ceduto le terre necessarie per fare l'argine. Per questo fatto, Peppone si rivolge al vescovo per farsi rimandare Don Camillo a Brescello, e viene accontentato, con l'ammonimento da parte del prelato, che poi non venga più a lamentarsi se riceverà ancora tavolate in testa. Al ritorno al paese Don Camillo dovrà porre fine ad una rissa alla casa del popolo scoppiata al termine di un incontro di Boxe, organizzato appositamente in contemporanea con l'arrivo del parroco alla stazione, per evitare ad esso un bagno di folla che sarebbe stato "il trionfo della reazione"Poi accade che Cagnola si rimangia la promessa delle terre, ritenendo l' argine inutile per prevenire alluvioni, che puntualmente si verificheranno subito, e in modo tale che anche l'argine eventualmente costruito non sarebbe servito a niente. Anche il "Nero" se la cava, ma il vecchio medico del paese, il dott. Spiletti, conservatore ma amato dal popolo per la sua professionalità sempre dimostrata verso tutti e senza distinzione politica, dato per morente varie volte, ma sempre "resuscitato" puntualmente, propone a questi di vendergli l'anima "se non credi all'anima vendimela, se non ce l'hai davvero, vorrà dire che ci ho rimesso i soldi, ma se ce l'hai diventa mia". Il Nero tra mille dubbi, pensando anche che non sia giusto vendere qualcosa che non ha, l'anima appunto, si lascia però convincere. Ciò gli procurerà un serio problema psicologico che lo turberà per parecchio tempo, finché non interverrà Don Camillo stracciando il contratto regolarmente stipulato per la vendita dell'anima e bruciando le banconote ricevute dal Nero, (che voleva restituire al dottore) come sacrileghe. Don Camillo avrà poi a che fare con Marchetti, un ex gerarca fascista del posto (impersonato da Paolo Stoppa), tornato al paese in incognito dopo averlo lasciato dopo la guerra, travestito da indiano a carnevale, che viene riconosciuto da Peppone che ben ricorda l'olio di ricino fattogli bere durante il ventennio. L'ex gerarca si rifugia in canonica, ma anche Don Camillo aveva lo stesso tipo di conto in sospeso. Finirà che prima Peppone berrà dell'olio di ricino, da lui stesso comprato per rendere pan per focaccia all'ex camicia nera, sotto la minaccia di un fucile strappato a Don Camillo e ritenuto carico da parte del fascista, poi sarà questi a bere con la forza quell'olio, il fucile infatti era scarico e sarà facilmente sopraffatto dal prete e poi cacciato, infine il Cristo imporrà a Don Camillo di bere l'olio anche lui, per la violenza usata. Altri problemi Don Camillo li avrà col figlio di Peppone, svogliato a scuola e per questo messo in collegio da cui scappa sovente, riuscirà a parlargli e a convincere il padre di riportarlo a scuola al paese, dove in una lite col figlio di Cagnola viene ferito gravemente, ma riesce a guarire anche per le preghiere del parroco; e con la sfida tra gli orologi del campanile e della casa del popolo:per evitare che nessuno dei due sia in ritardo rispetto all'altro, il parroco e Peppone spostano continuamente in avanti le lancette dei rispettivi orologi, ottenendo che non si sa più che ora sia in paese. L'alluvione arriverà e sarà tremenda, ma Don Camillo resterà sulla torre campanaria, che svetta sul paese completamente allagato e da là manderà messaggi di conforto e di speranza alla popolazione sfollata.
16.
Don Camillo

Don Camillo è un film del 1952, diretto dal regista Julien Duvivier, co Fernandel e Gino Cervi. È il primo episodio della fortunata serie omonima, tratta dai libri scritti da Giovannino Guareschi.
Paese: Italia/Francia
Durata: 107 minuti
Video: Bianco/Nero
Genere: Commedia
Tratto dal film:

« Don Camillo, buttalo via! »
(Il Crocifisso, riferito al bastone che Don Camillo tiene fra le mani e di cui vole servirsi per dare una lezione a Peppone)
« Ma non è mica di noce, Signore, è di pioppo! Leggero, morbido... »
(Don Camillo)

Trama
La storia è ambientata a Brescello, un paesino in aperta campagna, in provincia di Reggio Emilia, dove il parroco Don Camillo e il sindaco comunista Peppone sono in continua lotta.
Entrambi tentano di ostacolarsi in ogni maniera benché poi riescano spesso a trovare un accordo nelle loro liti. Diverse volte Don Camillo viene rimproverato dal crocefisso dell'altare maggiore della chiesa a causa del suo temperamento focoso.
Alcune ragioni degli scontri sono:
il battesimo del figlio del sindaco (che Peppone voleva chiamare Libero Antonio Lenin);
l'inaugurazione della Casa del Popolo;
lo sciopero delle maestranze agricole;
una partita di calcio organizzata per celebrare l'inaugurazione del campo sportivo della Città Giardino;
il matrimonio contrastato tra due giovani, lui (Mariolino) figlio di comunisti, lei (Gina) figlia di ricchi possidenti terrieri.
Alla fine, a causa di una rissa generale, Don Camillo viene inviato a fare il parroco in un paesino di montagna: la punizione gli è inferta dal Vescovo perché ha partecipato, abbattendo dodici avversari, alla rissa scatenatasi in paese la sera delle nozze di Gina e Mariolino.
Pur essendo in totale contrapposizione ideologica, parroco e sindaco si rispettano e non esitano ad intervenire in favore dell'altro o a rendere omaggio all'avversario, riconoscendone il valore; un episodio emblematico è il finale del film, quando sindaco, giunta comunale e banda del paese vanno alla stazione a salutarlo e ad augurargli pronta guarigione (in realtà tutti sanno che Don Camillo viene mandato via per punizione, ma nessuno lo vuole ammettere) ed un rapido ritorno al paese.